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Dott.Giorgio Pini, direttore di Neurospichiatria Infantile, Azienda USL 12 Viareggio
Paola, infermiera di
Neuropsichiatria Infantile

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QUELLI CHE NON... SONO TUTTI UGUALI

Giorgio Pini
Neuropsichiatra infantile, responsabile delle attività educative dell’ associazione di promozione sociale "Quelli che non"

Nell’estate 1999 l’Unità Operativa Complessa di neuropsichiatria infantile dell’Azienda USL 12 Versilia e il Comune di Viareggio, assieme alla locale polisportiva disabili, organizzarono un torneo di calcio dal titolo emblematico: "diversamente insieme". Il senso di queste due parole è racchiuso nell’idea che la diversità non rappresenta uno svantaggio ed anzi, al contrario, nello stare insieme sono proprio le differenze a conferire al gruppo un valore aggiunto. Ed al torneo parteciparono infatti bambini e bambine, ragazzi di etnie e religioni diverse, nonché di svariate condizioni sociali o di salute. Accanto a bambini con problemi psichici o neurologici stavano i loro amici, i fratelli ed molti bambini del quartiere.
L’idea di partenza era quella di trovare spazi ed opportunità per i meno dotati e per i bambini con disturbi mentali o neurologici, ma non volevamo che questa esperienza costituisse una specie di corte dei miracoli né permettere che l’iniziativa fosse l’ennesima sortita sporadica, che appena conclusa lascia tutto come prima.
Quali considerazioni ci spingevano a trasformare questa esperienza in una attività più stabile?
La prima è che il numero di bambini fragili è molto elevato: almeno un bambino su dieci, secondo dati epidemiologici nazionali ed internazionali, nell’ arco della vita evolutiva presenta disturbi o problemi neuropsichici che richiedono l’intervento specialistico; purtroppo soltanto un bambino su tre con questa necessità verrà conosciuto dai servizi di salute mentale dell’ età evolutiva. Da ciò deriva che o le istituzioni triplicano le risorse da destinare alla salute mentale nell’ infanzia (cosa assolutamente irrealistica nella situazione politica ed economica attuale) o si studiano sistemi di intervento meno specialistici, ma fortemente calati nel contesto territoriale. E’ su questa ipotesi che abbiamo lavorato, pensando ad un progetto che avesse una forte connotazione preventiva e che vedesse coinvolti e responsabilizzati su questa tematica i cittadini, i volontari, le istituzioni sociali. Pensavamo quindi che un intervento a carattere socializzante potesse avere una funzione preventiva e costituire per alcuni una sorta di riabilitazione psicosociale.

L’altra esperienza alla quale ci rifacevamo era quella tutta italiana degli anni settanta, quando vennero chiuse le scuole speciali e differenziali ed i bambini disabili o con gravi disturbi comportamentali furono integrati nelle classi normali. I risultati sono ben noti: lo sviluppo di tutti i bambini ebbe uno straordinario impulso.

Non si stava inventando niente di nuovo, si cercava semplicemente di mettere a frutto sul territorio, conoscenze acquisite in altri ambiti. La cosa inusuale è che a dare la spinta alla costituzione di un’associazione finalizzata all’integrazione sociale sono state una delibera della ASL 12 Versiilia ed una del Comune di Viareggio. Cosa altrettanto formidabile è che accanto ai nostri ragazzi si sono subito schierati una serie di volontari, allenatori, pensionati, studenti, professionisti, sportivi che hanno messo a disposizione le loro risorse umane.

L’associazione è stata costituita nel 2000 e tra i soci fondatori figurano nomi importanti dello sport come Margherita Zalaffi, campionessa olimpionica di scherma, Alessandro Mannini, e Marcello Lippi.
Le attività si sono via via arricchite. Inizialmente è stato il pallone a far la parte del leone, poi sono arrivate altre discipline sportive dalla vela, al pattinaggio, al ping pong, alla ginnastica, ultime, ma non meno significative, sono giunte le attività creative come la pittura, la ceramica, il teatro e il canto.

Perché siamo partiti dal calcio? In realtà non esiste altra risposta se non che il gioco del calcio è la disciplina più conosciuta ed amata dai ragazzi, e che tutto sommato per giocare a pallone è relativamente più facile trovare spazi adatti e persone disponibili.

A questo proposito voglio citare cosa ne pensa Manlio Cancogni; riferendosi alla nostra associazione scrive: "fate giocare al calcio i bambini disabili, soli e muti ed essi parleranno".
Su "Sinopia" rivista che è stata diretta dal grande scrittore versiliese, venne pubblicato un articolo dedicato ai nostri ragazzi, intitolato "Garrincha", ove il Professor Cancogni racconta come, nonostante la poliomielite ed altri guai, il campione brasiliano abbia potuto raggiungere traguardi mondiali. Sempre su Sinopia si può leggere una memoria di Angelo Ponsi dal titolo "Football tra i pini" dove si racconta di un gruppo di scugnizzi viareggini che giocavano a pallone in pineta. Tra questi c’erano dei ragazzini che divennero poi professionisti affermati, uno per tutti Giorgio Barsanti (estroso giocatore dell’ Inter Ambrosiana e del Genoa). Ebbene questi ragazzi prima di entrare in campo andavano a prendere Vittò, un ragazzo cagionevole di salute, già colpito da una polio che lo aveva lasciato con una gamba più corta di quattro dita e sottile come un fuscello. Vittoriano viveva in una famiglia benestante con il padre, la madre ed una sorella, tutti molto apprensivi e attenti a che il ragazzo non sudasse, non prendesse freddo, eccetera. I compagni lo portavano in pineta a giocare, come uno di loro, anzi di più perché con quella gambetta sghemba e con quello strano incedere, Vittoriano riusciva a dribblare i pini e gli avversari, che venivano beffati da imprevedibili ondeggiamenti, ed infine mantenendo l’equilibrio su quel terriccio fitto di buche e radici superficiali, scaricava poderose bordate. Angelo Ponsi racconta che al termine di queste gare estenuanti, Vittoriano veniva caricato sulla canna della bicicletta di Renzino (atleta che diventerà famoso come "ammiraglio dal gol facile"), rimesso a nuovo, con le scarpe spolverate e ricondotto a casa dove nessuno sapeva, o fingeva di non sapere, dove avesse trascorso tutto il pomeriggio.

E’ seguendo questi esempi che siamo riusciti a mettere insieme un gruppo di bambini eterogenei per condizioni sanitarie (patologie mentali come il ritardo cognitivo o i disturbi del comportamento; patologie neurologiche come le paralisi cerebrali o i disturbi del movimento; alterazioni dello sviluppo come i disturbi del linguaggio, psicomotori e relazionali; patologie genetiche ad esempio la sindrome di Down; disturbi neuropsichici transitori e dunque suscettibili di guarigione piena) o per condizioni sociali (bambini in istituto per le più varie vicende, dalla violenza, alla mancanza di cure). Si sono ritrovati insieme maschi e femmine, piccoli e grandi, bianchi e di colore, comunitari ed extra. Tutto questo con la partecipazione dei genitori o dei loro tutori.
Nell’ associazione i ragazzi hanno mostrato il loro carattere, anche i loro contrasti, e si è cercato di coniugare la competitività sportiva con lo spirito di collaborazione. Abbiamo sempre cercato di esaltare le differenze come una risorsa piuttosto che interpretarla come un difetto.
Solo qualche esempio flash di quello che è successo. I bambini normali si divertono ed imparano il valore della solidarietà; non hanno perso l’impeto, ma se hanno di fronte un bambino più piccolo un po’ si trattengono.
I bambini istituzionalizzati hanno trovato un clima di attenzione ed affetto ed imparano a pensare che non tutto il mondo è cattivo con loro.
I bambini in difficoltà, quelli che magari all’inizio trascorrevano il tempo a fare le buche nella sabbia, agli angoli del campo, cominciano a fare delle partitelle ed a toccare consapevolmente il pallone di interno e di esterno. Hanno imparato a stare su una gamba sola, a riconoscere la punta e il collo del piede, hanno sviluppato coordinazione ed equilibrio.
Quelli che neanche ti guardano negli occhi, e tanto meno ti parlano, magari ancora non giocano, si esaltano a tifare per i verdi o per i rossi, e commentano le fasi del gioco, perfino con gli sconosciuti.
Tutti crescono ed accrescono la propria fiducia negli altri ed in se stessi.
La solitudine che attanaglia i bambini più in difficoltà è stata rotta dal conferimento di nuove forme di comunicazione universale: lo sport, l’arte, il gioco.
Non mi dilungo su questo, ma naturalmente l’associazione esiste grazie all’ apporto di persone che volontariamente dedicano alcune ore della propria vita ai ragazzi e agli aiuti economici che provengono da enti pubblici e privati o da singoli cittadini che non raramente chiedono di mantenere l’anonimato.

I ragazzi in questi anni hanno ottenuto numerosi riconoscimenti dal premio sport della Nazione al premio Viareggio, ricevono l’attenzione della stampa locale e nazionale, come il Guerrin Sportivo, hanno incontrato la solidarietà di campioni dello sport come Marcello e di artisti come Giorgio Michetti, Fausto Liberatore (recentemente scomparso) e del maestro Antonio Possenti che anche quest’anno ha voluto creare per loro una cartella di litografie sulle favole.
L’ultimo grande riconoscimento avviene a livello europeo. La UEFA, nel 50° anniversario della fondazione, ha voluto donare ad ogni nazione europea un campetto multisport in erba sintetica e la FIGC, settore giovanile e scolastico, ha riconosciuto, unica in Italia, l’associazione dei ragazzi "quelli che non" meritevole per i risultati ottenuti nell’ ambito dell’ integrazione sociale.
Sabato 3 marzo 2005, alla presenza dei rappresentanti della UEFA (Joseph Mifsud) e della FIGC (Il Presidente Pierluigi Agnolin, Barbara Benedetti e Roberto Bellocci), di uomini dello sport, della politica e della cultura, è stato inaugurato il campetto.
L’ associazione ha voluto intitolarlo a un giovane sportivo, Matteo Valenti, morto tragicamente, a venti anni, in un incidente sul lavoro.

Ultimo aggiornamento (Venerdì 03 Febbraio 2012 11:52)

 
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